“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

lunedì 18 marzo 2013

Anna Karenina

di Joe Wright
UK, 2012
Colore, 129'

Russia 1874.
La bella Anna Karenina, sposata ad un diplomatico russo, conduce una vita riservata e scarna di emozioni. Dedita al figlio e all’obbedienza al marito, sarà travolta dall’incontro col conte Vronsky, sensuale avventuriero che ne sconvolgerà l’esistenza spingendola a seguire i suoi sentimenti fino ad un tragico epilogo.

Il capolavoro di Leo Tolstoj rivive ancora una volta sul grande schermo, in una rievocazione storica tanto accurata che è valsa l’Oscar per i migliori costumi.
Presentata in chiave di operetta, annunciata sin dalla locandina, la vicenda si snoda fra quinte teatrali e luci da palcoscenico. Ogni scena inizia come se ci si trovasse in un teatro e prosegue assumendo una dimensione cinematografica. In alcuni momenti salienti, la visione del palco è lasciata in soggettiva per lasciare libero lo spettatore di decidere se è tale o attore della scena. Soluzione interessante che svecchia non poco una pellicola altrimenti poco distinguibile dalle precedenti versioni. La formula, più serrata all’inizio, si allenta durante la vicenda fino a rientrare nella tradizionale rappresentazione in pellicola, sostituendo gradualmente l’impostazione visiva col dramma rappresentato. In questo modo lo spettatore, inizialmente affabulato dalla magnificenza delle scenografie è totalmente avvinto e concentrato al destino della protagonista.
Soluzioni per palati fini, insomma anche perché la durata di due ore metterebbe alla prova chiunque.
Gli struggimenti della bella Anna, dilaniata fra la morale e il richiamo dei sensi, sono oggi come allora, una dura critica all’ipocrisia della società che ostracizza chiunque vada contro le regole, non importa a quale prezzo. Sempre attuale il messaggio ma forse un po’ datata l’interpretazione dei personaggi che rischiano una mediocre identificazione da parte dello spettatore. Sospiri e fremiti, linguaggio oltremodo forbito sono funzionali a catapultare indietro nel tempo sì, ma solo gli estimatori del genere e ci si domanda che bisogno ci fosse di quest’ennesima trasposizione cinematografica, dopo la versione del 1997 con Sophie Marceau fino, andando a ritroso, a quella del Bolshoi, del ’27 con la grande Garbo e alle primissime del 1910. La lista è lunga e lascia intendere una grandezza del racconto tale da non poter essere taciuto, ma tra versione di Bernard Rose e di Wright, a parte vent’anni, ci sono davvero posche differenze.
La scelta di Keira Knightely esteticamente accettabile, si rivela troppo moderna; la sua eccessiva magrezza malcelata dagli sfarzosi costumi può essere tollerata fintanto che non è occultata dalle movenze poco aggraziate e sicuramente troppo moderne, troppo decise per le abitudini dell’epoca. Il rischio è di trovarla fuori ruolo, così come Aaron Taylor-Johnson più caricatura che personificazione dell’amante maledetto.
La scelta felice di Jude Law nel ruolo del Ministro Karenin, marito di Anna, semi-irriconoscibile dietro a baffi e occhiali, dà lustro ad un cast che rischia di essere poco credibile.
La versione 2012 della novella di Tolstoj si salva per l’opulenza visiva che offre ma non arricchisce di molto la storia del cinema.

Per appassionati del genere.