“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

sabato 16 maggio 2015

Mia Madre

Di Nanni Moretti
Italia, 2015
Margherita e Giovanni sono fratelli, professionisti affermati alle soglie della mezza età. Le loro vite sbandano alla notizia che la madre Ada sta affrontando l’ultima malattia che la porterà alla morte. Ognuno col suo carattere e con le sue debolezze affronterà il verdetto, attraverso un lento percorso di accettazione della fine.
Ultima fatica di Nanni Moretti, presentato a Cannes 2015, “Mia madre” è un dolente spaccato del quotidiano, quando la routine viene intaccata da una diagnosi inoppugnabile. Di fronte alla morte c’è solo la possibilità di accettarne l’evento ma chi può dirsi pronto a misurarcisi? Nevrotica ed impulsiva Margherita, metodico e silenzioso Giovanni, i due si ritrovano al capezzale della madre impegnandosi, ognuno con le sue possibilità, ad accompagnarla con la maggior levità e serenità possibile. Ma non ce la fanno. Entrambi detonano ripiegandosi sull'amore per la madre come se null'altro contasse: Giovanni rinuncia a tutto pur di non perdere un attimo degli ultimi giorni di Ada, come se anche la sua vita finisse con lei. Margherita no. Margherita è stata una cattiva figlia; molto diversa dalla madre, mai completamente compresa. Non è stata in grado di costruire un dialogo e il suo dolore esplode nella realizzazione che non c’è più tempo per recuperare. Sfinita da veglie notturne in Terapia Intensiva, è incapace di trovare argomenti nonostante la madre continui a seguirla con sguardo amorevole come deve aver fatto per tutta la vita. Ma lei non se ne accorge e riversa la sua frustrazione sul lavoro, in estenuanti maratone sul set, di riprese che porta avanti senza convinzione. Il dramma familiare non ferma la vita che scorre intorno, così si ritrova ad averne due: una dentro e una fuori l’ospedale.
Nanni Moretti sa raccontare la morte; l’ha già dimostrato ne “La stanza del figlio” e in “Caos calmo”. Anche questa volta lo fa spiegando l’assenza, il vuoto che rimane dopo che una persona ci lascia. Un figlio, una compagna, un genitore; un’escalation di dolore che si avvita su sé stessa per un ritorno all'origine, nella constatazione che quando il momento arriva, a chi resta, manca la terra sotto i piedi, il punto di riferimento, anche quando il rapporto è stato conflittuale o doloroso. A volte c’è bisogno anche di quel conflitto e di quel dolore per rendere le vite più reali. Margherita Buy riesce a tradurre ancora una volta il pensiero dell’autore, con un’interpretazione di grande sensibilità, confermandosi attrice feticcio di Moretti, in questa pellicola, addirittura suo alter ego.
Un film intenso, fatto di quella normalità che rende la celluloide più vera, alla quale il regista romano ci ha abituato da anni. Questa volta però velato di un’energia positiva che filtra da Ada, inizialmente fragile e confusa ma in un secondo tempo serena; sarà la sua tranquillità a dare ai figli la forza di reagire, suggerita nell'ultima scena da un sorriso di Margherita agli amati libri della madre, anch'essi orfani. Una storia come tante che diventa un momento di riflessione personale e collettivo, nel quale trovano spazio sprazzi comici del tutto contestualizzati perché la vita può essere così, dolce e amara.
Cameo godibilissimo per John Turturro che punta il dito contro la vacuità della società delle immagini.

Commovente.