Di Nanni Moretti
Italia, 2015
Margherita e Giovanni sono
fratelli, professionisti affermati alle soglie della mezza età. Le loro vite
sbandano alla notizia che la madre Ada sta affrontando l’ultima malattia che la
porterà alla morte. Ognuno col suo carattere e con le sue debolezze affronterà
il verdetto, attraverso un lento percorso di accettazione della fine.
Ultima fatica di Nanni Moretti,
presentato a Cannes 2015, “Mia madre” è un dolente spaccato del quotidiano,
quando la routine viene intaccata da
una diagnosi inoppugnabile. Di fronte alla morte c’è solo la possibilità di
accettarne l’evento ma chi può dirsi pronto a misurarcisi? Nevrotica ed
impulsiva Margherita, metodico e silenzioso Giovanni, i due si ritrovano al
capezzale della madre impegnandosi, ognuno con le sue possibilità, ad
accompagnarla con la maggior levità e serenità possibile. Ma non ce la fanno.
Entrambi detonano ripiegandosi sull'amore per la madre come se null'altro
contasse: Giovanni rinuncia a tutto pur di non perdere un attimo degli ultimi
giorni di Ada, come se anche la sua vita finisse con lei. Margherita no.
Margherita è stata una cattiva figlia; molto diversa dalla madre, mai
completamente compresa. Non è stata in grado di costruire un dialogo e il suo
dolore esplode nella realizzazione che non c’è più tempo per recuperare.
Sfinita da veglie notturne in Terapia Intensiva, è incapace di trovare
argomenti nonostante la madre continui a seguirla con sguardo amorevole come
deve aver fatto per tutta la vita. Ma lei non se ne accorge e riversa la sua
frustrazione sul lavoro, in estenuanti maratone sul set, di riprese che porta
avanti senza convinzione. Il dramma familiare non ferma la vita che scorre
intorno, così si ritrova ad averne due: una dentro e una fuori l’ospedale.
Nanni Moretti sa raccontare la
morte; l’ha già dimostrato ne “La stanza del figlio” e in “Caos calmo”. Anche
questa volta lo fa spiegando l’assenza, il vuoto che rimane dopo che una
persona ci lascia. Un figlio, una compagna, un genitore; un’escalation di dolore che si avvita su sé
stessa per un ritorno all'origine, nella constatazione che quando il momento
arriva, a chi resta, manca la terra sotto i piedi, il punto di riferimento,
anche quando il rapporto è stato conflittuale o doloroso. A volte c’è bisogno anche
di quel conflitto e di quel dolore per rendere le vite più reali. Margherita
Buy riesce a tradurre ancora una volta il pensiero dell’autore, con
un’interpretazione di grande sensibilità, confermandosi attrice feticcio di
Moretti, in questa pellicola, addirittura suo alter ego.
Un film intenso, fatto di quella
normalità che rende la celluloide più vera, alla quale il regista romano ci ha
abituato da anni. Questa volta però velato di un’energia positiva che filtra da
Ada, inizialmente fragile e confusa ma in un secondo tempo serena; sarà la sua
tranquillità a dare ai figli la forza di reagire, suggerita nell'ultima scena
da un sorriso di Margherita agli amati libri della madre, anch'essi orfani. Una
storia come tante che diventa un momento di riflessione personale e collettivo,
nel quale trovano spazio sprazzi comici del tutto contestualizzati perché la
vita può essere così, dolce e amara.
Cameo godibilissimo per John
Turturro che punta il dito contro la vacuità della società delle immagini.
Commovente.