Di Claudio Caligari
ITA 2015
Ostia 1995, Vittorio e Cesare
sono amici dall’infanzia e da sempre condividono una vita di sballo, piccoli
crimini e acidi.
Vivono la notte ad alta velocità,
con compagni d’avventura della stessa risma, facendo comunque capo a loro
stessi: Vittorio per Cesare e Cesare per Vittorio. Vite drammatiche alle
spalle, nessun appello per una vita migliore, solo la strada e la notte.
Ma un giorno, quando Vittorio
supera ogni limite e sembra perduto, capisce che è arrivato il momento di
smettere. La via della riabilitazione non sarà semplice né certa; non è facile
chiudere la porta al passato e non si possono dimenticare gli amici.
Film di Claudio Caligari,
recentemente scomparso, “Non essere cattivo” è considerabile un omaggio a Pasolini e ai
suoi “Ragazzi di vita”, perché racconta dell’ultima generazione di veri
disperati, prima dei flussi migratori, prima della crisi, prima che l’Italia
stessa cambiasse. Caligari parla di fatti noti, la sua vicenda non è originale
ma ci torna a far pensare ad una generazione cresciuta sul niente, dal niente.
Senza ideali e senza speranza, in cerca del “lavoretto” facile, capace di
ridere al bar di una rapina malriuscita con la stessa leggerezza di chi suona a
citofoni sconosciuti e scappa via. Il film descrive un’umanità cattiva per
forza che nel suo microcosmo ci sta bene perché non conosce alternativa e che,
nonostante i crimini, mantiene la spensierata esigenza di una partita a pallone
con gli amici sulla spiaggia. Solo il confronto con i buoni, quelli che si
spezzano la schiena e sopravvivono onestamente,
riesce a compiere il miracolo ed arrivare al cuore di qualcuno di loro.
Troppo spinto il contesto descritto? Troppo esagerate le vite dei protagonisti?
Forse è solo la verità ed a volte, può superare la finzione ma il regista non
ci abbandona senza un briciolo di speranza o almeno è ciò che sembra. Un film
violento non solo nei fatti narrati ma nel forte senso di disperazione e di
ineluttabilità che trasuda, sul quale però veglia forte il sentimento genuino
di amicizia che sopravvive a qualunque dramma.
Potenti i personaggi, Cesare
(Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), differenti facce di una stessa
medaglia, così diversi eppure così uguali.
In ogni essere umano alberga il
bisogno di affetto, anche nel più efferato ed è questo il messaggio che
trapela, lasciando una possibilità ad ognuno di noi.
Da vedere perché racconta un
pezzo di storia del nostro paese, ben fatto e ben narrato. Sarebbe bello però
che certe opere avessero il loro riconoscimento anche prima di diventare
postume.