Di Angelo Marotta
Angelo Marotta, regista romano,
racconta in 70’ l’esperienza della prematurità di sua figlia Rita e di altri
bimbi, dalla nascita ad oggi.
Ci sono Luca, Ascanio, Rita,
Vittoria, Aisha, Laura, Antoine, Arianna, Manuel, ci sono le loro incubatrici,
le loro storie e i genitori. Le immagini alternano momenti in T.I.N. (Teapia
Intensiva Neonatale) a momenti outdoor,
in famiglia, con salti temporali dai primi giorni di vita fino ai 18 anni di
Laura e ai 15 di Antoine.
Immagini, testimonianze di
persone che hanno visto cambiare la loro vita da un vagito; gravidanze brevi, a
volte brevissime che ribaltano ogni legge fisica e generano una vita sconvolgendone
molte. Non esistono solo bambini prematuri ma genitori prematuri che devono
raccogliere le forze, affidarsi ai medici, a chi crede, in Dio, e sperare e
lottare ogni giorno accanto a un esserino che li porterà per mano lungo un
percorso ignoto e spaventoso ma che li farà rinascere a vita nuova.
La prematurità può portare a
gravi conseguenze, a dolore, a volte alla morte eppure, Marotta sceglie la
speranza e pur mantenendo un dialogo sincero offre al pubblico la sua visione:
l’incertezza, il dubbio, poi lo stupore e l’amore più grande di ogni
immaginabile paura che gli consente di realizzare un documentario asciutto e
corretto che diventa leggibile a più livelli. Da un lato le famiglie che hanno
vissuto il suo stesso percorso che si rivedranno sullo schermo, in quei giorni;
dall’altro, il pubblico ignaro che entra in sala in cerca di verità e varcando
quella soglia entra per la prima volta, forse l’unica, in una TIN, accanto ad
un’incubatrice, ascoltando quegli allarmi, vivendo quei ritmi con uno stato
d’animo che diventa qualcosa di più di quello di un semplice spettatore. C’è
tenerezza, spavento, angoscia ma anche gratitudine per aver mostrato senza
autocelebrare, un microcosmo nel quale si entra per caso o non si vedrà mai.
C’è di più: i racconti affidati
ai genitori vanno oltre la sopravvivenza ed ecco che il focus si sposta su come
si sopravvive. Molti bimbi devono solo crescere; per altri non sarà così
semplice. Una breve gestazione può comprometterne lo sviluppo e causare ritardi
e difficoltà ma quello che rimane, quando si riaccendono le luci è l’immagine
di bimbi che, nonostante occhiali o protesi, giocano felici in un prato,
continuando a sfidare le dinamiche sociali come hanno già fatto, con quelle
della natura. Anche nella disabilità, laddove subentra, c’è normalità ed il
dono che queste famiglie hanno ricevuto va condiviso con chi non potrà mai capire. I bimbi “piccoli così”
mettono sotto una nuova lente la vita di tutti i giorni e la mostrano immediata
e bellissima per come essa è; non c’è sgomento ma solo gioia di andare avanti e
crescere in chi, nei primi mesi, ha già vinto la sfida più grande. Quella con
la vita.
Li chiamano i “piccoli
guerrieri”. Dev’essere vero.
Tante emozioni in pochi minuti
per la pellicola di un regista intelligente che con un buon montaggio riesce a
spiegare dinamiche complesse ed a volte imperscrutabili.
Fra i premi raccolti anche il
premio Unipol per la distribuzione al Biografilm
festival di Bologna. Menzione speciale a Valeria Adilardi che ha creduto
nel progetto, producendolo.
Bello.
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