“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

giovedì 22 novembre 2012

Dolls

Dolls
Di Takeshi Kitano
Japan 2002-113’
 
Sawako tenta il suicidio. Matsumoto ne fa la sua unica ragione di vita.
Hiro si vota alla Yakuza. Quando tornerà sui suoi passi, sarà troppo tardi.
Haruna è una pop star. Nukui ha occhi solo per lei.
Tre storie che si sfiorano appena, unite da un filo rosso.
Persone come marionette, pupazzi, senza vita, svuotati d’amore.
Un amore inseguito, e cercato, in un vagolare per il mondo, con passi  ora lenti, ora affrettati, quasi sconnessi, su una strada che cambia, si snoda e passa attraverso i mille colori della vita, del tempo, sotto un cielo velato dalle fronde di alberi da fiaba.
Metaforica chiusura ad un lieto fine. Amore e morte, strettamente avvinti, nel colore simbolo che domina scenografie e costumi.
Kitano riprende tutti i suoi temi cari, e li amalgama in un’opera d’arte per palati fini.
I suoi personaggi tra Kabuki e Nò, centellinano le parole, ma ogni frase è una regola, che riecheggia nel silenzio di foglie cadute e neve calpestata.
Vite fatte di scelte forti, necessarie per sentir fluire la vita dentro, anche quando viene lavata via, come sangue dalla strada.
Tutto a testimoniare un pessimismo di fondo, sulla caducità della vita.
Il montaggio, suggerisce dejavù  che conducono per mano lo spettatore in un gorgo di sentimenti sempre più profondi, fino a lasciarlo, sui titoli di coda, con la spossatezza di chi è stato attraversato da una forza superiore.
Impossibile aggiungere altre parole per un film la quale magnificenza visiva è solo un pallido preambolo ad una sconvolgente profondità espressiva.

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