Profumo. Storia di un
assassino
di Tom Tykwer
Germania/Francia/Spagna, 2006
Colore, 147’
Francia, XVIII secolo.
Jean-Baptiste Grenouille nasce
nel mercato del pesce di Parigi.
La madre, credendolo morto, lo
abbandona ma, scoperta, verrà impiccata per infanticidio.
Inizia l'epopea del ragazzo che,
uscito dall'orfanotrofio, viene venduto prima ad un conciatore di pelli eppoi
ad un profumiere. E' da quest'ultimo che apprende i segreti dell'arte del
profumo che gli consentono di perfezionare il suo eccezionale talento: conosce
e riconosce ogni profumo ed il suo olfatto eccezionale lo pone uno scalino
sopra la razza umana.
Poco meno che adolescente,
s'imbatte in una fanciulla, la cui morte accidentale lo spingerà verso la
ricerca ossessiva della conservazione dell'odore umano.
Trasferitosi nella provenzale
Grasse, città dei profumi, affinerà le sue tecniche fino a trasformarle in esperimenti mortali.
Ispirandosi alla leggenda del
faraone egizio, per la quale il profumo perfetto è composto da dodici essenze
più una tredicesima, la più potente che lo trasformerà in un'invincibile filtro
d'amore, Grenouille commetterà altrettanti omicidi di giovani donne, ognuna
dotata di una bellezza particolare. Solo così potrà compiere la sua opera e
creare la pozione perfetta.
Tratto dal romanzo “Il profumo”
di Patrick Suskin, quindici milioni di copie vendute e tradotto in
quarantacinque lingue, compreso il latino, “Profumo. Storia di un assassino”è
stato premiato con lo European Film Awards nel 2007 come miglior fotografia ad
opera di Frank Griebe.
Non troppo osannato dalla critica
perché considerato inferiore al testo originale nella trasposizione delle
sensazioni olfattive e nella descrizione della personalità di Grenouille, è da
rivalutare, poiché si tratta della sottile descrizione di una psicologia unica,
al limite dell'onirico, che dall'oggettiva narrazione dei fatti si sposta,
gradualmente con l'evolversi della vicenda, su un piano trascendentale fino a
confondere la realtà con il sogno.
La cruda veridicità delle prime
sequenze, a partire dalla cornice maleodorante del mercato del pesce di Parigi,
fino ad arrivare alla realistica sequenza del parto sotto il bancone della
pescheria, schiaffeggiano lo spettatore e lo costringono a sgranare gli occhi
su una storia che si sposterà presto dal piano narrativo a quello olfattivo. E'
proprio la forte miscela di odori che richiama in vita il neonato il quale
primo vagito coinciderà con un drammatico j'acquse nei confronti della
madre.
Jean-Baptiste esiste per via del
suo olfatto; è il suo potere eccezionale che, prima ancora di aprire gli occhi,
gli consente di difendersi dal mondo esterno. Quello stesso potere che lo
separa e lo distingue dal resto della razza umana, rendendolo una specie di
animale, capace di identificare qualunque odore, anche quello di una rana
sott'acqua. Ciò che sente non viene descritto, ma filmato, con una traduzione
simultanea dall'odorato alla vista, consentendo allo spettatore di percepire
rapidamente quanto lui, l'universo di odori e profumi che lo circonda. Ogni
percezione olfattiva scatena in lui un'emozione che custodisce fino al giorno
in cui imparerà ad usare il suo talento.
Assuefatto alla conoscenza
attraverso le narici e non il tatto o la parola, il giovane attraversa come un
alieno il mondo circostante, in apparente ipnosi, fin quando non verrà
sconvolto dall'odore di una fanciulla. Una bellissima fanciulla della quale
s'innamora istantaneamente; il suo è profumo di beltà, giovinezza, candore,
speranza, vita. Sembra non vederla neanche, ma solo tentare di nutrirsi di ogni
più piccola sfumatura della sensazione che emana. Rapito fatalmente dalla sua
presenza, incapace di comportarsi diversamente che con l'istinto animale che le
sue percezioni olfattive lo spingono ad usare, tenta di impadronirsi della sua
magia, annusandola con estatica devozione. Sconvolta da un simile comportamento
e spaventata a morte, la ragazza tenterà di sfuggirgli, finendo accidentalmente
uccisa. La sua morte non sembra colpire Grenouille, compreso nel tentativo di
memorizzarne ogni singola percezione olfattiva che sparisce però rapidamente,
con lo svanire della vita. E' a questo punto che sembra ridestarsi dal suo trance
cercando un modo per ricostruire quell'alchimia.
In questo preciso momento, nasce
il mostro; la sua ricerca lo spingerà ad infrangere qualunque tabù di moralità
nel perseguimento del suo obbiettivo.
Jean-Baptiste è amorale; non sa
di appartenere alla razza umana e questo fa di lui un personaggio che affascina
il pubblico che cercherà di capirne i motivi senza nutrirne alcun desiderio
d'identificazione.
Il suo essere diverso viene
definitivamente dichiarato dal momento in cui scopre di non avere odore; per
uno scherzo del destino lui, in grado di riconoscere qualunque sensazione
olfattiva, non è in grado di suscitarne alcuna. Non avere odore significa anche
non lasciare traccia, non essere visibile, identificato, riconosciuto. Questa
mancanza fa di lui un'ombra. La sua frustrazione cresce al punto da votare la
sua vita alla ricerca di identificazione per il tramite della pozione che
cercherà di realizzare; un potente filtro capace di donare amore e adulazione a
chi lo possiederà e altrettanto amore, di rimando a chi rientrerà nella sua
scia. La collezione di delitti che si lascerà alle spalle, non avrà nulla di passionale.
I cadaveri delle donne vengono ritrovati integri, bellissimi come in vita,
apparentemente dormienti. Il suo rispetto per il corpo umano, in quanto
detentore di preziose essenze trascende quello per la vita. Non c'è odio, né
accanimento, né tanto meno morbosità nel contatto con le vittime. Grenouille
agisce come un chirurgo, con la freddezza di chi persegue un importante
obbiettivo scientifico. E' completamente astratto dalla realtà, pur vivendovi
immerso; ciò che fa è un esperimento, il fatto che comporti dei sacrifici umani
non è contemplato.
Sembra agire in preda a forze
soprannaturali e, a metà racconto, la narrazione inizia a trascendere la
realtà. I gesti concreti suscitano reazioni impreviste e il forte
coinvolgimento sensoriale sembra spostare la vicenda su un piano metafisico.
La scena dell'esecuzione vira
rapidamente dal dramma alla sorpresa, all'estasi. La folla inferocita, accorsa
per assistere allo scempio delle sue membra, appena annusata l'essenza
miracolosa, cambia completamente atteggiamento nei suoi confronti; prima prova
simpatia, poi lo vuole libero, poi lo ama, poi, tanto amore nell'aria, diventa
una droga collettiva che spinge ad un'orgia di sensi e di corpi dalla quale si
risveglierà come da un sogno.
Tanta potenza appaga Jean-Baptiste
che, anziché servirsi della pozione per mettere il mondo ai suoi piedi, la
esaurisce in un estremo atto di amore, tornando in utero, in quel mercato del
pesce nel quale è venuto al mondo, ucciso da una folla di sbandati, incapaci di
tradurre l'amore profondo in qualcosa di differente dalla cannibalizzazione.
Potenza del filtro o legge del contrappasso non sarà dato scoprirlo.
L'assassino assassinato, muore
senza lasciare traccia di sé così com'è vissuto, insinuando il dubbio che sia
davvero mai esistito questo essere soprannaturale e che la sua vicenda si sia
concretamente consumata. Con lui scompare il filtro e la sua esistenza lascia
solo una scia di morte dalla mano ignota. Giovani donne uccise per mano di un
solo assassino, con un movente o pura follia? Persone che in qualche modo lo
hanno posseduto, dalla madre alla direttrice dell'orfanotrofio, fino a tutti i
datori di lavoro, tragicamente morti dopo essersi separati da lui.
La sua vita come il passaggio di
un “angelo della morte” capace di seminare distruzione e amore, incapace di donarne o provarne a sua volta.
Perfetto nel ruolo Ben Whishaw,
attore di teatro semisconosciuto al cinema, con un volto impenetrabile e
distante, ma capace d'incarnare la maschera del mostro patetico. Ingiustamente considerato
inespressivo è stato invece capace di rendere l'invisibilità di Grenouille una
distintiva determinante caratteristica.
Emblematica la prima inquadratura
di Jean-Baptiste che ci viene presentato con la sola inquadratura del suo naso
che emerge dal buio, elemento determinante che buca lo schermo e intorno al
quale ruota tutta la vicenda. Non c'è bisogno di mostrarne il volto; lui,
fantasma di carne ed ossa esiste per merito del suo talento senza il quale
sarebbe totalmente invisibile.
Qualche piccolo anacronismo nella
ricostruzione storica ma un buon ritmo per Tom Tykwer, già regista del successo
“Lola corre” che riesce a tratteggiare realistici acquerelli di una Parigi
decadente e al tempo stesso sfavillante, passando dal sobborgo maleodorante al
giardino più profumato. I suoi personaggi sporchi e logori si mescolano ad
altri in parrucche incipriate e crinoline, in una danza di odori visivi che
esplode sullo schermo al ritmo intermittente di un minuetto e di un video clip.
La coreografia della rappresentazione
orgiastica è stata affidata a La Fura Dels Baus.
Nessun commento:
Posta un commento