“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

sabato 31 maggio 2014

Sacro GRA


Italia, 2013
Di Gianfranco Rosi

Sacro GRA è il primo documentario ad aver vinto il leone d’oro alla 70° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e il primo film italiano ad esser stato premiato dal 1998.
Girato da Gianfranco Rosi, salito alla ribalta nell'ultimo decennio, che ne firma anche la sceneggiatura, è la prima vera fotografia di quanto graviti intorno alla capitale d’Italia.
Si tratta di brevi shots montati in alternanza tra loro che ritraggono la storia di personaggi legati al Grande Raccordo Anulare: prostitute, sfollati, pescatori e studiosi, ognuno interpreta sé stesso in un’antologia di esperienze autentiche e senza filtri. La macchina da presa si sposta da una vita all'altra rimanendo ancorata al filo rosso dell’anello carrabile più grande d’Italia che spezza le storie col suo lento fluire, come un fiume continuo di automobili, luci, suoni. Nell'altalena di emozioni che coinvolge i protagonisti, la sola costante è la visione ipnotica del raccordo col suo potere catartico, una pausa nella vita, un’interminabile, costante movimento di massa. L’opera di Rosi affascina visivamente chi è estraneo ai fatti e rievoca ricordi familiari a chi lo conosce; da romano non si può che provare affezione verso la rappresentazione inedita e significativa di una realtà che ci rappresenta, indubbiamente meno romantica ma ugualmente imponente nella sua concretezza. Rosi ha il pregio di esser riuscito a tradurre in poesia un incubo quotidiano che appartiene a tutti gli abitanti di Roma; ci scorre nelle vene come sangue e come tale è necessario ed indissolubile. Il GRA taglia dentro e fuori vite ed emozioni, tracciando un confine violento tra la Roma d’amare e quella drammatica dei dimenticati. Non c’è nessuna Grande bellezza nel messaggio di questa pellicola che lascia un segno più eloquente di tante altre alchimie, raccontando la vita con una narrazione poco lineare, sì ma magnetica che merita sicuramente il premio.
Per gli abitanti di Osteria del Curato, sarà come sentirsi a casa seguire le storie di via Campo Farnia.

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